sabato 3 settembre 2011

La casa nel bosco

Il piccolo Eric trotterellava sul sentiero ripensando stranito e un po' imbronciato a quella frase del maestro... “certo ci si affeziona tanto ai propri animali al punto che a volte addirittura arriviamo a parlare con loro...”. Addirittura? Insomma, dov'era la stranezza, si chiedeva Eric. Cominciava ad affacciarsi in lui un certo malumore, e il sospetto che altrove le cose fossero diverse da come erano nella casa nel bosco.

Avvicinandosi a casa con fare indagatore e a questo punto un po' sospettoso, notò innanzitutto come, effettivamente, dall'esterno fosse tutto estremamente silenzioso. Non trapelava alcun suono né vocio dalla casetta di legno, eppure era già vicino, sempre più vicino, molto vicino... Aprì la porta lentamente e non appena l'ebbe varcata si trovò avvolto da una girandola di suoni.
“Come è andata la scuola?” gli chiese la mamma porgendo, mentre si voltava verso di lui, una pila di piatti al cane perchè apparecchiasse la tavola. Ma il pastore era già corso incontro al padroncino per festeggiarlo a dovere. Eric gli si buttò addosso e rispose alla mamma con una veloce alzata di spalle, tutto normale insomma, anche se la frase del maestro ancora un po' lo straniva. Subentrò veloce il gatto che sistemò le stoviglie ordinatamente e si aggomitolò poi sulla sedia ad aspettare che tutti si mettessero a tavola.
Arrivato il papà seguito in ordine decrescente dai 2 fratellini, mamma Oca e i suoi pulcini, tutti si sedettero per
il pranzo. La tavolata non era però al completo. Eulalia, la bambolina di stoffa nel suo flokloristico abito di lana, entrò nella stanza portando un vassoio fumante, e prese posto con un po' di fatica sulla sedia sistemata apposta per lei, sopra tanti soffici cuscini e strati di stoffe per portarla ala giusta altezza. Mancavano all'appello Deodato e Gualtiero, i due topi di peluche, che si erano sicuramente intrattenuti incantati in soffitta a rovistare tra cimeli polverosi, o forse si erano assopiti in granaio. Ah no, eccoli! Uniscono le forze per spingere la porta quel poco da permettere loro e a un raggio di sole di infilarsi in cucina e di arrampicarsi verso il proprio piatto. Furono loro per lo più a tenere banco quel giorno raccontando di come avessero inseguito una piccola gorilla rosa legata al cestino di una biciclettina, provando a farsi notare da lei, che però non aveva risposto ai loro saluti e si era alla fine allontanata sobbalzando passiva al di sopra delle rotelle. Erano rimasti molto colpiti da quell'assoluta indifferenza, si erano sentiti invisibili! Eric parlò poco ma osservò molto. Era tutto vero e consueto, non era certo lui in errore!

Il giorno dopo chiese a Eulalia che lo accompagnasse a scuola. Voleva che aiutasse il maestro a capire. Ma nel tragitto verso scuola iniziò ad avere la sensazione che la bambolina non stesse molto bene, la vedeva irrigidirsi. Una volta in classe, si contrariò molto perchè la sua tata e amica non spiccicò nemmeno una parola, nemmeno un saluto per educazione al maestro, nemmeno una parola in sua difesa quando i suoi compagni lo presero in giro per avere con se una bambolina in gonnella.
Il giorno dopo chiese a Gualtiero di accompagnarlo a scuola. La scena si ripetè. E il giorno dopo ancora, fu il cane pastore ad essere afflitto da quello strano mutismo.
Eric non capiva. Perchè erano così ingiusti da rianimarsi e farsi tanto loquaci solo una volta varcata la porta della casa nel bosco?
Un giorno decise di sfogarsi con sua madre raccontandole di quelle bizzarrie nei comportamenti dei suoi amici. Entrambi i genitori si raccolsero intorno al tavolo e seri iniziarono la spiegazione.
“Vedi Eric… tanto tempo fa, insomma… proprio prima che tu nascessi, abbiamo passato un momento molto difficile. In città si moltiplicavano i furti di case e anche noi ne siamo stati colpiti. Ci ritrovammo così senza un tetto sulla testa e senza gli oggetti con cui vivevamo. Ci disperavamo e ci chiedevamo come si potesse essere stati tanto crudeli da non comprendere come tutte quelle cose grandi e piccole non fossero solo oggetti, ma creazioni con cui siamo entrati in contatto non per caso, ma per scelta reciproca… riesci a capire Eric?”
Non era sicuro di riuscirci, o forse era estremamente semplice l’idea: “cose che acquistiamo perché ci servono e perché ci piacciono, che incontriamo tra tante, ma che scegliamo tra tutte, un po’ come se ci chiamassero?” Chiese scegliendo bene le parole.
“Esattamente. E’ per questo che le nostre tazze della colazione sono qualcosa che è nato dal lavoro di qualcuno perché potesse sorriderci ogni mattina. E gli abiti che indossiamo sono il frutto della perizia di mani lontane che arrivano a noi perché solo su ciascuno di noi calzano perfettamente. E gli strumenti di lavoro di tuo padre sono stati messi a punto con impegno per diventare insostituibili aiutanti. E i tuoi giochi escono dalla fantasia e arrivano fino a te perché in te c’è quella stessa fantasia che aspetta di essere tirata fuori. Quello che è fondamentale però, è che tutto questo intreccio tu devi saperlo vedere. Altrimenti c’è, ma si cela con la reticenza di chi non vuole sprecare qualcosa di bello”.
Quindi Deodato, Gualtiero e Eulalia non lo avevano sbeffeggiato: la loro voce era stata intessuta soltanto per le orecchie di chi abitava quella casa nel bosco. E in ogni altra casa sarebbe stato lo stesso, tra i suoi abitanti. Fuori, il turbinio di voci e richiami si annullava in un silenzio latente, in cui ciascuno può sentire emergere solo voce a lui congeniale.
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sabato 27 agosto 2011

La casa sul faro - seconda parte

(... segue dalla prima parte)


Si guardò in giro, e sopra la testa. Da dove poteva mai essere caduto fino li? Non c'era possibilità di un nido lì intorno, né di altro luogo da cui potesse essere stato smarrito rimanendo intatto.
Lo accostò alla parete del faro perchè fosse al sicuro, ma non troppo lontano, pensando che il genitore potesse reclamarlo, e si allontanò verso il paese.
Rincasando, notò subito come il primo buio della sera faceva risaltare ancora di più la solitudine di quell'uovo, rimasto lì ad attendere la sua fortuna.
Si chinò senza che ci fosse più spazio per ripensamenti, lo raccolse, e lo portò in casa. Lo avvolse nel suo grosso maglione e aspettò. Ma non per molto.In un giorno dal tempo imprevedibile, una prima irrecuperabile frattura attraversò il guscio con risolutezza, e dopo qualche ora una lanugine arruffata si affacciava alla vita.
Un po' di studio e una percentuale di istinto le insegnarono a nutrirlo. L'implume accettava le cure con avidità, e tutto in lui rispondeva. Piume spuntavano, zampette si irrobustivano, il codino si atteggiava a timone, la voce si allenava. E cresceva, cresceva...! Se ne rese conto quasi improvvisamente, un giorno che con la coda dell'occhio ne percepì la possenza. Per mesi due occhietti tondi, come se un pennello avesse punto un cotone, erano stati la sua espressiva compagnia; ora incrociava uno sguardo fiero e bistrato, sempre più spesso rivolto all'oceano. Quando aprì la vetrata, non ci fu indecisione né ingratitudine nel volo che spiccò.
Si rallegrò molto di aver sigillato quel dono legando un nastro rosso alla zampa del suo figlioccio. In tutti gli anni successivi, quando il cielo si faceva buio di tempesta, davanti alle finestre del faro un nastro rosso danzava nel vento, a indicarle che il magnifico Albatros tornava, come era stato per il suo genitore, a osservarla da dietro la finestra.
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martedì 23 agosto 2011

La casa sul faro - prima parte (liberamente ispirato da un fatto surrealmente vero)


Anche quella notte ebbe la sensazione di essere osservata. Com’era possibile? Abitava un faro solitario all'estremo lembo di una terra che si lancia sull’oceano. Non aveva avuto mai paura lassù: da quell’occhio vetrato aveva una visione completa di tutto l'intorno, mentre nessuno si sarebbe potuto avvicinare. Sarà suggestione per il vento di tempesta, pensò. Ma il giorno seguente splendeva il sole, eppure si svegliò ancora come richiamata dallo sguardo di qualcuno. Era già successo nei mesi precedenti, ma ultimamente lo avvertiva con maggiore insistenza, quotidianamente. Non sapeva se ripromettersi di stare all’erta per capire da dove le venisse quell’idea, oppure se non dare peso alla cosa per non fissarcisi con la mente.
Finchè una sera, alcune nubi si stavano addensando e il cielo era di un profondo grigio bluastro; mentre era di spalle alla finestra riempiendosi la tazza fumante, ecco nitida la sensazione di due occhi posati sulla sua schiena. Si voltò, lenta ma decisa, come andando incontro ad un appuntamento. E capì: all’altezza della vetrata, fuori nell’aria umida e tesa, un imponente Albatross la stava realmente osservando, librandosi fissò gli occhi cerchiati nei suoi, e ogni suo timore si risolse in una sorta di consapevolezza.
Quando la mattina successiva uscì dalla porta, proprio li di fronte trovò deposto un uovo sorprendente.
(... continua...)
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lunedì 22 agosto 2011

Less is more

Lapidario consiglio di oggi: fare ordine in casa, per fare ordine nella vita.
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domenica 21 agosto 2011

Il trasloco del pendolare

Sfatiamo un tabù... non si muore una volta sola. Ogni vita che non ci appartiene appieno è un po' più simile a una morte.
Io ora mi sto trasportando verso un'altra città, un'altra casa, un'altra vita, e mi chiedo se vivere più vite sia arricchimento o dispersione.


sabato 20 agosto 2011

Sera

Da una finestra ideale osservo l'orizzonte che vorrei: uno spazio pulito, purificante, che prolunga il mio interno.
Ascolto poi i rumori consueti della casa, quelli che ce la fanno conoscere come ne fosse la voce. Mi sento bene qui raccolta, sono me stessa. Affondo le narici nella nuca pelosa e soffice del mio cane e mi sento felice, per un istante fuori dal tempo niente di quello che è fuori può toccarmi.
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venerdì 19 agosto 2011

Piccolo rimedio alla fine delle vacanze

Vacanze meravigliose ormai giunte al termine. Il pensiero è già immalinconito alla ripresa del lavoro e degli stra-soliti ritmi coattivi. Ma ad accogliermi al ritorno, una carovana di pelo cane-gatto e il pranzo della mamma. Ricetta breve: farina, patate, ortiche e salvia raccolte in giardino per un piatto di gnocchetti alle ortiche a chilometro zero: sicuramente un piacere lenitivo per il rientro...!