sabato 27 agosto 2011

La casa sul faro - seconda parte

(... segue dalla prima parte)


Si guardò in giro, e sopra la testa. Da dove poteva mai essere caduto fino li? Non c'era possibilità di un nido lì intorno, né di altro luogo da cui potesse essere stato smarrito rimanendo intatto.
Lo accostò alla parete del faro perchè fosse al sicuro, ma non troppo lontano, pensando che il genitore potesse reclamarlo, e si allontanò verso il paese.
Rincasando, notò subito come il primo buio della sera faceva risaltare ancora di più la solitudine di quell'uovo, rimasto lì ad attendere la sua fortuna.
Si chinò senza che ci fosse più spazio per ripensamenti, lo raccolse, e lo portò in casa. Lo avvolse nel suo grosso maglione e aspettò. Ma non per molto.In un giorno dal tempo imprevedibile, una prima irrecuperabile frattura attraversò il guscio con risolutezza, e dopo qualche ora una lanugine arruffata si affacciava alla vita.
Un po' di studio e una percentuale di istinto le insegnarono a nutrirlo. L'implume accettava le cure con avidità, e tutto in lui rispondeva. Piume spuntavano, zampette si irrobustivano, il codino si atteggiava a timone, la voce si allenava. E cresceva, cresceva...! Se ne rese conto quasi improvvisamente, un giorno che con la coda dell'occhio ne percepì la possenza. Per mesi due occhietti tondi, come se un pennello avesse punto un cotone, erano stati la sua espressiva compagnia; ora incrociava uno sguardo fiero e bistrato, sempre più spesso rivolto all'oceano. Quando aprì la vetrata, non ci fu indecisione né ingratitudine nel volo che spiccò.
Si rallegrò molto di aver sigillato quel dono legando un nastro rosso alla zampa del suo figlioccio. In tutti gli anni successivi, quando il cielo si faceva buio di tempesta, davanti alle finestre del faro un nastro rosso danzava nel vento, a indicarle che il magnifico Albatros tornava, come era stato per il suo genitore, a osservarla da dietro la finestra.
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